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La portafinestra e il lavavetri

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Certo che dalle mie parti succedono cose alquanto bizzarre!
O forse, chissà se sono bizzarre soltanto ai miei occhi…

Era uno splendido pomeriggio di sole e l’aria era tiepida, come direbbe un meteorologo, con temperature superiori alla media stagionale. In giornate così viene subito voglia di aerare la casa e di mettersi a pulire balconi e terrazzi martoriati, in questi ultimi tempi, da forti venti portatori di ogni genere di schifezze: dalle foglie mezze marce, a sacchetti vuoti di plastica, a cartacce e polvere. Non solo, tra vento, pioggia e neve, anche i vetri mi gridavano dietro la loro vendetta se non li avessi puliti in tempo reale e soprattutto immediato.
Mi sono armata dell’occorrente e ho cominciato il mio lavoro di lavavetri domestico.
Prima, però, sono salita su una scaletta per togliere la plafoniera che illumina il terrazzo (le plafoniere di per sé non illuminano, ma, insomma… ci siamo capiti!), non solo per lavarla, ma anche per smantellare due nidi di vespe. Devono essere sempre le stesse che ogni primavera ritornano a nidificare dentro quella plafoniera, forse attratte dalla resina sintetica termoindurente (fenoplasto?) del portalampada che sicuramente rende loro la parvenza di un ramoscello d’albero. Insomma, delle vespe ben integrate nel nostro sintetico mondo, poverine!
La mia terrazza si affaccia su una piazza antistante a una ferrovia ed è normale che, durante la giornata, molti automobilisti vi sostino in attesa di qualcuno in arrivo col treno oppure per accompagnare qualcuno in partenza.
Stavo salendo sulla scaletta, quando ho notato una berlina nera fermarsi, in linea d’aria, proprio di fronte a me.
Dopodiché, è scesa una persona dalla folta capigliatura bionda e riccia che indossava una maglia variopinta, per cui ho ritenuto fosse una donna, e si è messa di lena a strofinare il vetro anteriore della sua auto.
- Toh! – ho pensato - Oggi è la giornata delle lavavetri! –
Un leggero capogiro mi ha ricordato che soffro di vertigini, pertanto mi sono sbrigata a sistemare la plafoniera e a scendere da quella scaletta.
Mentre lavavo i vetri della portafinestra, non so come, canticchiavo e pensavo:
- Pensiero stupendo…si potrebbe trattare di “faccende” di cuore…meglio non dire…
…eh, mia cara Patty, la cambi tu la vita che non ce la fa a cambiare me?
Io, intanto, ho cambiato aspetto ai miei vetri! -

(La portafinestra ringrazia)


POSTILLA:

Qual è la cosa strana di questa storiella?
Che quel giorno, prima di accingermi a lavare i vetri della portafinestra, avevo scritto qualcosa...

IL LAVAVETRI

http://www.larecherche.it/testo.asp?Id=62&Tabella=Narrativa

 Alessio Romano - 14/01/2010 00:09:00 [ leggi altri commenti di Alessio Romano » ]

Capisco. Vedrai che passerà. Se finisce la vita dovrebbe finire ogni cosa prima o poi,
l’importante è che inizia nuovamente,
inizierà di nuovo anche la vita?
Il riposo o il blocco fanno parte di ciascuno di noi,
anche fingere fa parte di ciascuno di noi perché è importante, a volte che altre persone non sappiano la verità,
per noi stessi probabilmente,
beh, ora basta, mi attendono draghi, morti resuscitati elfi e stregoni. Una buonanotte,
Alessio.

 Lorena Turri - 13/01/2010 23:55:00 [ leggi altri commenti di Lorena Turri » ]

No, Alessio, sono cose già scritte da tempo. Ultimamente non trovo parole da scrivere... un momentaccio dei miei...

 Alessio Romano - 13/01/2010 13:01:00 [ leggi altri commenti di Alessio Romano » ]

La stranezza è una di quelle stranezze che motivano la nostra vita, non potremmo credere nel dopo se non vedessimo il dopo nel prima o se non vedessimo il prima nel dopo, impossibile che ciò avvenga.
Mi piace questa ilarità.
Bisogna scrivere anche cose del genere per essere flessibili e ridere di noi stessi o di quelllo che il destino ci fa fare, infatti penso che noi non siamo il nostro destino prima che lo diventiamo,
ma questi sono rivoli d’acqua che sfociano nel fiume e si sa, i rivoli nonn sfociano mai per una ragione,
a meno che qualcuno non ci dica il contrario.
A dirti la verità avevo pensato che tu avessi fatto una satira sull’oggettistica che avevo usato come titolo per i miei ultimi racconti,
ma mi sono ricreduto leggendo il resto.

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